Razzismo

05/2018

La parola Razzismo è assolutamente abusata. Alcuni anni fa è stato edito un libretto dall’interessante titolo Io non sono razzista, ma... Strumenti per disimparare il razzismo, che con quel ma voleva alludere a che tutti siamo razzisti, anche se ciò sfugge alla nostra consapevolezza. Ma non è così. Tutti siamo carichi di una montagna di pre-giudizi, giudizi e post-giudizi (emendabili certo) su tutti, ma questo non è Razzismo.
La struttura stessa di ogni società, e la nostra singolare appartenenza ad una di queste società, si manifesta con elementi pregiudiziali e contingenti, che la caratterizzano, e caratterizzano la mia appartenenza ad essa.
Leggete, se volete, il Mein Kampf e capirete che il Razzismo, come la parola stessa fa ben intendere, procede da una considerazione Genetica. Si deve constatare che alla base del Razzismo non c’è alcun riferimento al disporsi storico e culturale, contingente e diacronico di individui, popoli, nazioni, società. A fondare il Razzismo c’è un semplice dato genetico sincronico: la razza e la superiorità di una sulla altre inferiori.
Perciò la scelta ideologica di Benito Mussolini di collegare il Fascismo (già dal nome) all’eredità storica e culturale dell’antica Roma, rende le due dittature, per tanti aspetti simili, in riferimento al Principio ispiratore, molto differenti.
Quindi i Nazisti erano razzisti. Ma negli stessi anni e anche prima e dopo gli Statunitensi, non tutti, ma certo quasi tutti gli individui appartenenti ai cosiddetti Stati del Sud lo erano nei confronti dei niger o degli a coon e ancora degli spook, amabili appellativi con cui erano chiamate le persone di colore e tanti altri tipi di immigrati.
Potrà sembrare davvero paradossale, ma il razzismo Nazista è stato distrutto da una nazione che razzista lo era altrettanto. Il razzismo degli USA termina solamente nel 1964, 1965 con l’approvazione del Civil Rights Act e del Voting Rights Act, mentre nel 1991 è la volta di quello del Sud Africa.
A ben riflettere il Razzismo nei confronti degli Ebrei e quello nei confronti degli Afro-Americani non erano proprio identici. Il razzista Nazista accusava gli Ebrei di una sorta di meticciamento razziale (con conseguente impurità, disordine), mentre negli Stati del Sud si sottolineava nei confronti dei niger la loro troppa vicinanza alla Natura incontrollata e incontrollabile. Ad accumunarli, forse, vi era un soggiacente riferimento ad una sessualità troppo libera?
Non è certo più lieve riversare un mare di pregiudizi storico culturali su una persona e su un popolo, piuttosto che pensare che esistono le razze umane e che qualcuna è superiore all’altra. Eppure una certa differenza si manifesta in questo passaggio: la modificabilità del dato derivante dal dipanarsi della Storia.
E ciò ad esempio è avvenuto per gli Afro-Americani, che hanno loro stessi, e forse a dispetto dei Caucasian, intrapreso un percorso di integrazione sociale che ha visto in azione in primo luogo la religione. Costoro agli esordi del loro processo integrativo, credevano e praticavano lo stesso Dio dei bianchi, anche se in Chiese differenti. L’integrazione religiosa pare precedere ogni altra integrazione.
Vale altresì domandarsi in che modo abbia contribuito a questo processo l’assenza di una Religione dominante, e la dialettica che per forza si istituiva fra le varie Confessioni appartenenti alla Riforma protestante e fra queste e la minoritaria Chiesa Cattolica Romana.
In qualche modo, gli Afro-Americani hanno aderito progressivamente alla scelta di integrarsi nella società statunitensi sull’onda delle immigrazioni di altri popoli, che hanno attraversato detta società, e lo specifico pregiudizio razzista, che certo riguardava, anche se in modo meno netto, le altre minoranza, si è progressivamente modificato, al sentire e al credere dei WASP, in un pregiudizio culturale, più facilmente modificabile, alla prova dei fatti.
L’integrazione culturale inizia sempre da un, anche uno solo, elemento comune: il linguaggio comune, ad esempio, o la Religione.