Peste, pestilenze e pandemie

Quando gli umani nel loro Momento Uno - dopo il Momento Zero della sopravvivenza inconsapevole - cominciarono a comporre le Norme sociali, il Culto dei Morti e quello degli Eroi, e l'Io ha cominciato ad affacciarsi, con lui sono nate le due Paure, che alimentarono e rinforzarono la permanenza dell'individuo nell'Orda:

1) Che essa si estingua.

2) L'essere espulsi nella Natura.

L'essere espulsi dal Corpo sociale resta un problema con cui confrontarsi ancor oggi. Rispetto la Norma, per non essere gettato: “Servo inutile nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor di denti" (Matteo 25, 30 – Nuova Diodati). L’umanità fu giudicata ed espulsa, già dal Paradiso Terrestre, figurarsi dopo.

Anche se si cerca di negarlo nell'oggi, il marchio della Malattia, dell’Insanità, resta e può toccare ferocemente ognuno di noi, per certe Malattie più di altre, ma sempre e da sempre è così. Da quel passato primordiale ritorna in ognuno il sentirsi, il credersi colpevoli: "Mi sono ammalato, è colpa mia!".

Per questo per allontanare i Colpevoli dai Buoni (ma chi sono poi ‘sti Buoni) si è riscoperta la profilassi di base, primordiale: “Sei malato, ti espello”.

Il Manzoni ci insegna (la maggior parte di noi, che non abbia fatto studi specialistici, sa delle Peste per merito suo) che se una malattia è terribile e non si conoscono altre soluzioni, si aprono le due vie maestre, che come il Cardo e il Decumano, tagliano il problema:

  • O s’isolano i malati nelle loro case ed è la storia della Madre di Cecilia: "Scendeva dalla soglia di uno di quegli usci ….".
  • O si concentrano nel Lazzaretto, che poi divenne Ospedale, così chiamato dal luogo con cui col Latino classico si accoglievano i forestieri, ma che nel Basso Medioevo divennero pellegrini e perciò bisognosi e malati.

Entrambe sono forme d’isolamento, di reclusione: una familiare e l'altra comunitaria, ma il senso allora fu dettato solo dalla volontà di separare i Malati dai Sani, così come i Cattivi dai Buoni.

Quando e perché l’appestato prendesse l’una o l'altra via non è dato sapere. Don Rodrigo, che si ammala "dopo una serata passata in compagnia di alcuni amici, durante la quale è stato molto allegro e ha divertito tutti facendo un bizzarro elogio funebre del conte Attilio, morto due giorni prima di peste … ", vi è condotto vilmente (tradito dal servo infedele) a differenza di quanto accade alla Madre di Cecilia. Una possibile spiegazione è che restavano nelle case gli appestati che avevano dei familiari, che li potevano accudire e che, di fatto, erano condannati anch’essi a perire con loro, mentre per gli altri soli o espulsi dal nucleo familiare, ricchi o poveri non importa, don Rodrigo o Lucia che fossero, erano presi in carico dal sistema pubblico. Forma di pensiero che da allora si protrasse in Italia ancora per secoli.

Certo che la peste del Manzoni fu davvero rivoluzionaria; alla fin fine ne uccise più fra i ricchi, che fra i poveri: solo Perpetua, mentre Tonio resta indementito.

L’isolamento: quello c’era e quello bastava. Accompagnato però dall’immaginare crudeli persecutori e untori e così per vendetta torturare e uccidere o attuare un sacrificio espiatorio umano di qualcuno, il più delle volte un misero o uno straniero. Si legga in questo senso la Storia della colonna infame (1842).

Bisogno fare un altro salto all’indietro, perché l'altro esperto della Peste in letteratura - ma anche d'altro - è G. Boccaccio. Nel Decameron narra di un gruppo di giovani di buona famiglia, sette donne e tre uomini, che per dieci giorni sono spinti fuori da Firenze per sfuggire alla Peste, che imperversava nella città (1348). Già nel Trecento si era capito che si poteva attuare un isolamento preventivo, per distinguere le persone, che non dovevano ammalarsi (i Ricchi) da quelle che si potevano ammalare liberamente (i Poveri). Fin qui non c’è da stupirsi, come anche del fatto che durante questa Peste le minoranze fossero perseguitate: gli Ebrei in particolar modo. Il Papa Clemente VI emanò nel 1349 due Bolle in cui esternò che la malattia non era dovuta all'intervento umano, ma aveva una causa naturale o divina, e condannò le persecuzioni, scomunicandone i responsabili. Ciò detto per far intendere che la Curia Vaticana non è stata sempre e solo male.

Nel Trecento, come nel Seicento, a fronte di un comportamento tendenzialmente razionale dell’Istituzione, le risposte emotive del Popolo erano simili:

  • La colpevolizzazione del diverso.
  • L’auto mortificazione, l’autoflagellazione, come forma estrema di penitenza e devozione (anche se suddette manifestazioni furono bandite sempre dal suddetto Papa).

Il Sentimento Popolare declina la costruzione della colpa, delle responsabilità, in due modi antagonisti: verso l’esterno (lo straniero, l’ebreo o il misero) ma anche verso l’interno. Il Corpo sociale colpevole ed espiante, ristabilisce il patto col Dio sacrificandosi e punendosi.

Quel meraviglioso film che è il Settimo sigillo (Det sjunde inseglet 1957) di Ingmar Bergman, racconta di un ritorno da una Crociata e dell’incontro con una società in piena crisi, che si difende bruciando una Strega innocente e autoflagellandosi, anche se la salvezza terrena, l’unica possibile, sarà di pochi: chi saprà coglierla con uno scarto da un percorso. Così recita Antonius Block, crociato e feudatario: “Lo ricorderò, questo momento: il silenzio del crepuscolo, il profumo delle fragole, la ciotola del latte, i vostri volti su cui discende la sera, Mikael che dorme sul carro, Jof e la sua lira ... cercherò di ricordarmi quello che abbiamo detto e porterò con me questo ricordo, delicatamente, come se fosse una coppa di latte appena munto che non si vuol versare. E sarà per me un conforto, qualcosa in cui credere”.

Le modalità di gestione dell’attuale Pandemia, basata su una particolare forma d’autoisolamento della popolazione sana nel tentativo d’arginare il virus, distingue fra chi può vivere isolato, da chi no; chi può stare in Villa a raccontar storie (come me adesso), da chi deve sgobbare. Questo isolamento fra sani, anche se animato da motivazioni altruistiche, produrrà, di fatto, una notevole tensione sociale, fra i differenti Strati della popolazione. È su scala più vasta, il comportamento raccontato dal Boccaccio, derivante da una forma di pensiero classista e materialista, mentre dalle fonti del Manzoni emergeva piuttosto l’idea di Isolare i malati. Non potendo cogliere il nesso fra Germe e Malattia, si proponeva nel Seicento, una Profilassi standard fondata moralmente: isolare l’Insano (solo o con la sua famiglia). Oggi, che sappiamo, gestire il problema in quel modo presenta il vantaggio di far ricader sul singolo la (pseudo) responsabilità, al fine di sviare lo sguardo da quella vera. Questo contemporaneo isolamento fra sani (non auto-imposto, ma accettato da tanti) non è interpretato da questi come una norma d’igiene pubblica, infatti, lo è solo in parte: il vero problema, che oggi conosciamo, non è isolare i sani dai malati, ma evitare la diffusione di un Virus. L’aderire a tale norma comportamentale, regressiva, e non fondata scientificamente, si presenta come una sorta d’auto immolazione, di flagellazione, per scongiurare una pestilenza o per l'avvento di un Mondo Nuovo o per il ritorno del Piccolo Mondo Antico, ovvero d’esaltazione dello Spirito di corpo, del piccolo contributo individuale al benessere collettivo, esprimibile nella famosa frase: “Ask not what your country can do for you; ask what you can do for your country”. Quindi è una pratica con forti connotati moralistici (lo si deve fare per gli altri) che indurrà nei Ligi un notevole senso di colpa, per non poterla attuare alla perfezione, e negli altri, i don Rodrigo del caso, nulla: continueranno a fare come prima.