Il Movimento Vegan

Il movimento Vegan o Vegano (in italiano) è uno dei fenomeni sociali più innovativi oggi e un’occasione per me d’ammirazione e stima, per chi a esso aderisce. La parola è un neologismo, che nasce dalla contrazione di Veg(etari)an e fu coniato da Donald Watson che, assieme ad altri vegetariani inglesi, fondò la Vegan Society a Londra nel novembre 1944.

Il comportamento alimentare dei Vegan sembra essere prodotto da Tre Principi, che animano in varia misura e mix coloro che a esso aderiscono:

Il Primo, il più semplice in teoria, ma non in pratica, è la scelta di alimentarsi con una dieta che allontana tutti i prodotti di origine animale, e suoi derivati: uova, latte e conseguentemente formaggi e burro, ritenuti in qualche modo apportatori all’organismo umano di nutrienti insalubri. I Vegan attuano così un comportamento alimentare che è opposto a quello dei ceti sociali più ricchi e che ha rappresentato, da sempre, un punto di arrivo, per quelli più poveri. La Carne, più ancora del Pesce, pur trattata con le dovute pratiche rituali, fu considerata l’alimento base dalle Aristocrazie in tutte le Epoche e Culture. Nella campagna della mia infanzia erano il giorno di Festa quelli in cui sulla tavola si mangiava di Grasso e di Grosso. Nelle civiltà non occidentalizzate le scelte o le necessità alimentari, che privilegiano l’origine vegetale, sono ed erano presenti soprattutto fra i poveri, i quali di certo avrebbero gradito accedere al modo di pasteggiare dei Ricchi e non solo a quello. Paradossalmente ora le scelte Vegan sono invece diffuse per lo più negli stati sociali abbienti. In questo Movimento la Carne è equiparata al Pesce e a tutti i derivati, che nella Civiltà Occidentale, sin dal Medioevo, erano accettati come Dieta di Magro. Nel Veganesimo in conclusione c’è forse una radicalizzare di costumi alimentari già diffusi in alcuni luoghi, tempi o ceti. Va rilevato altresì che una scelta dietetica così prescritta o consigliata, sembra essere una caratteristica che lo accomuna con i Movimenti religiosi o quanto avveniva nelle Grandi Organizzazioni: Congregazioni religiose, Eserciti, Prigioni etc.

Il Secondo Principio è molto più innovativo. Prende forma dal considerare tutti gli animali (umani compresi) dotati d’uguale dignità e che richiedono il medesimo rispetto in quanto Esseri viventi. I Vegani espongono una sorta di Diritto alla vita, alla non-sofferenza, e forse alla felicità, per tutti, non solo gli individui della propria specie o gruppo etnico o famiglia. Questa motivazione ugualitaria e universalistica è indubbiamente una scelta di Civiltà e supera la distinzione fra Umano e Non Umano. All’opposto, quanto si realizza in tutti i Sistemi Culturali e Sociali, di ogni luogo ed epoca, che ha sempre privilegiato il simile e scacciato il diverso, l’estensione A Tutti i Viventi del diritto alla misericordia attiva e non solo teorica (come ad es. nella Religione Cristiana, in cui l’attivarsi nei fatti in comportamenti discriminatori, è accompagnato dal verbale continuo riferimento all’Amore Universale) sposta verso il positivo il livello di Civiltà dell’umanità intera.

Di minore rilevanza è il Terzo Principio che propone la Razionalità del Veganesimo, giacché per alimentare la popolazione della Terra, in una fase di progressiva Crisi, consente un minore spreco di risorse economiche e materiali, rispetto a un’alimentazione basata sulla Carne e su quella Pregiata in particolar modo. Produrre alimenti vegani può essere certo più economico, ma per ora non lo è e, come già detto, i ceti sociali più poveri sono quelli che utilizzano lo Junk Food come stile di vita e di consumo.

Riassumendo. Sono tre i principi in parte antagonisti, che caratterizzano il Movimento Vegan. Il Primo, indirizzato a massimizzare il proprio benessere individuale attraverso una dieta spesso costosa, il Secondo inteso come un’occasione di maggiore Civiltà per l’intero genere umano, il Terzo come miglioramento della gestione delle risorse del Pianeta e delle Società che lo abitano.

Il Veganesimo porta con sé la ferma volontà del singolo di testimoniare il proprio comportamento e compire un’attività di proselitismo, più o meno delicato, nei confronti di chi non fa propri i tre suddetti principi. Molti movimenti religiosi agiscono in questo senso (a differenza di quanto fanno quelli politici, che si basano invece su una più libera adesione e partecipazione). Tale azione fa capo alla grande costruzione mentale per cui, se ci si comporta secondo un certo principio etico, se si è Buoni, questo buon esempio Convertirà, Contagerà anche le altre persone. Spesso l’azione di proselitismo compiuta dai Vegan (come da chi appartiene a Movimenti Animalisti) utilizza descrizioni e immagini "forti" e a volte persin disgustose sui modi con cui sono trattate nell’allevamento e nella macellazione le specie animali di cui ci si ciba, tutto ciò per favorire l’insorgere di un senso di repulsione al nutrirsi di essi, che ovviamente non può essere determinato dalla vista della fettina di carne ben imballata e non più sanguinante, nei supermercati. In qualche modo, chi usa questi metodi, non considera che il suo intervento sia in grado di produrre una certa qual sofferenza in chi vede tali immagini o ascoltano detti racconti. Ma non solo, ed è qui lo sbaglio maggiore, presuppongono che tale dolore umano sia educativo e produca delle scelte positive nei Non Convertiti. Di certo, numerosi studi sulle modalità di indurre Cambiamento delle abitudini, insegnano agli avveduti, che non è con l’esporre a immagini Negative che si produce un superamento di ciò che si vuole emendare, ma son sempre gli esempi positivi, anche condivisi nella pratica, che determinano modifiche durature.

Sembrerebbe anche che i Vegan considerino tutti gli Umani Non Convertiti responsabili in ugual maniera della sofferenza degli animali, dimenticando che nessuna, proprio nessuna, scelta individuale e di piccolo gruppo può avere effetti persistenti sulla restante parte del Sistema Sociale. Nessuno è responsabile della propria Cultura di riferimento, che al massimo è sostenuta occasionalmente con l’adesione, ma come fare altrimenti. In tal senso, i Vegan assumono in sé le idee dei Grandi Riformatori Religiosi, che hanno inventato un nuovo modo di porsi a livello normativo ed etico, propugnandone l’estensione ad altri individui e la loro Conversione. Immancabilmente queste Riforme, una volta divenute Dominanti, tenderanno, però, a imporre con la forza ai non Convertiti le loro idee.

In conclusione, gli appartenenti al movimento Vegan:

  • Espandono alle specie animali l’idea che esista un Diritto alla vita e all’eguaglianza, principio base di ogni Religione Universalistica.
  • Si fanno propugnatori di norme etiche, che si devono (tutti devono) rispettare e per far questo si mettono al servizio, con le armi della non violenza e dell’informazione, dei più deboli e sfruttati, gli animali appunto. Assumono un atteggiamento di cura degli animali, a parziale scapito degli umani, anche se ritengono di "farlo per il bene o la salute" degli Umani.
  • Propongono un Universalismo panteista come espressione di Massima Civiltà, in quanto si allontana, vi è più da quanto ogni altra Cultura, che strutturalmente distingue e stratifica gli individui in modo intra o inter societario. La loro è una scelta di Democrazia Universale veramente unica.

È un esame, quello condotto finora, in cui si è preso in considerazione il fenomeno sociale Vegan nel suo insieme, che è quanto di esso si può narrare chiaramente. All’opposto la scelta individuale d’aderirvi sarà più difficile da cogliere, poiché riconducibile alla storia del singolo.

In tal senso s’individua, con un livello di approssimazione, che non ha forse alcuna utilità:

  •  In Primo luogo una scelta antagonista da parte del singolo al comportamento condiviso del gruppo sociale di riferimento, alle abitudini alimentari e allo stile di vita della Famiglia in cui si è cresciuti o di alcuni componenti della stessa.
  • Per Secondo, un’identificazione e una compassione forte per i deboli e le vittime (gli animali, ma non solo) che subiscono violenza, da cui si origina una rivolta morale, più che pratica.
  • Per Terzo, un più basilare rifiuto del Cibo o del consumare il cibo assieme ad altri (che è la prima traccia di un’organizzazione sociale di Appartenenza, presente già anche in molte altri mammiferi) in quanto momento di condivisione sociale e d’incontro, cui consegue un certo qual rifiuto del piacere individuale e corporeo dell’alimentarsi. Sembra manifestarsi anche un Senso di colpa per il cibo che si consuma e o forse si spreca, alimentando se stessi e non un altro.
  • Per Quarto una certa esibizione di sé nei comportamenti attuati, tanto che in alcuni casi gli stessi Vegan si esasperano per essere oggetti dell’attenzione curiosa dei Non Convertiti, come se fosse un limite del Sistema Sociale, e non loro, il non accettarli e non condividere un comportamento alimentare, che essi hanno fatto proprio e ma non è condiviso.

Resta aperto il tema della relazione fra queste Motivazioni individuali, spesso inconsapevoli, e il fenomeno sociale nel suo insieme. Il punto di giuntura può riscontarsi nella ricerca di un benessere individuale, una liberazione da schemi sociali di comportamento, cui si pensa essere stati costretti a subire nella famiglia di origine, che nell’incontro con altre persone di ciò ugualmente convinte, si dispone verso un livello più materiale: “Mi cibo di cose che ritengo più sane”, e verso una dimensione extra materiale, etica e spirituale: “Faccio ciò che è giusto per la Comunità dei viventi”.

Il Movimento Vegan quindi sembra costituirsi come gruppo d’autopromozione, di sostegno e forse di auto-cura dell’identificazione con le Vittime.