Un Buon Lavoro

In breve, il lavoro sarà buono, non solo se è motivato o che motiva, ma se:

  • Si fonda su un ampio e articolato tessuto d’informazioni, che lo attraversano in tutte le sue fasi.
  • Si esplicita in un insieme di compiti possibili e attuabili con un inizio, una fine e un’utilità esterna a sé o al gruppo di lavoro.
  • Si attua in una situazione inter-individuale in cui anche la dimensione relazionale, di auto-conferma, trova una sua attuazione in momenti in cui fra colleghi e superiori si sta bene assieme.

Queste tre dimensioni sono relazionate fra loro in maniera non lineare, così che ogni predittività è disconnessa e l’esito sarà condizionato da almeno due livelli:

Dalla sensibilità diversa degli individui alle eventuali carenze in una delle tre suddette dimensioni, perché vi sono individui che percepiscono come maggiormente squalificante la mancanza di informazione o quella di un gruppo di riferimento o quella d’attivazioni.

Dal fatto che l’espandersi in positivo o il contrarsi in negativo di una delle tre suddette dimensioni può produrre incidenze immediate sulle altre due e sullo sviluppo futuro di ciascuna di esse.

Un Buon Lavoro è un mix medio delle tre diverse dimensioni, senza punti di espansione o di contrazione.

Un’organizzazione, per essere in grado di far fronte alle problematiche legate alla non qualità del lavoro, dovrebbe disporre di un Osservatorio strutturato in grado di leggere le realtà lavorative e monitorare il clima organizzativo. Si tratterà di applicare metodologie di ricerca sociale e psicologica, d’analisi del clima organizzativo e della percezione dei lavoratori del proprio vissuto all’interno della rete sociale, al fine di coglierne i segnali attraverso indicatori leggibili da parte del management, per consentire poi di tradurre gli esiti delle indagini in azioni concrete e trasparenti di miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia lavorativa.

In questo campo gioca un ruolo fondamentale migliorare la capacità comunicativa fra gli individui nell’organizzazione (Bucchi, Naresini 2001), poiché una comunicazione sana e corretta rappresenta la Conditio Sine Qua Non per intraprendere e portare avanti con successo un’azione di miglioramento.

Il primo obiettivo che ci si dovrà proporre sarà quindi quello di guidare immediatamente il gruppo verso nuovi scenari comunicativi e segnatamente:

  • Chiarire che nei gruppi, anche là dove vi sono inseriti ruoli ordinati gerarchicamente, questi classificano le funzioni e gli scopi di detti ruoli, non la qualità delle persone che li ricoprono.
  • per tale motivo ognuno ha pari dignità nell’esprimere i propri pensieri, opinioni e disagi senza il timore di giudizi o censure.
  • Evidenziare che lo scopo del gruppo è di stabilire, in maniera partecipata, obiettivi per lavorare meglio fra colleghi e con i superiori.
  • Veicolare subito il messaggio che lo spazio, che si sta aprendo, si fonda sulla comunicazione onesta e leale.

È attraverso una corretta comunicazione che l’organizzazione formerà i propri lavoratori, è sempre attraverso questa che i lavoratori potranno costruire relazioni proattive e assertive fra pari e col management. La miglior forma d’intervento sulla Non Qualità Del Lavoro deve sin dall’inizio tenere conto delle necessità relazionali del singolo e del gruppo di lavoro, agendo sulle dinamiche intra-gruppo che, in questi casi, troppo spesso sono povere, superficiali, improntate al mantenimento delle gerarchie di potere. Questo vale in generale per tutte le professioni.

Si ha un Cattivo Lavoro, se un membro del gruppo, cercando d’esprimere alternative alle modalità di lavoro tipiche, rischia di essere percepito come un sovversivo: come se egli tentasse di mettere in discussione un tacito, implicito accordo, sui modi di affrontare il problema, che si è venuto a creare, che purtroppo può anche essere difeso da molti altri, pur riscontrando una sua chiara inefficacia. In molti luoghi di Cattivo Lavoro manca una dimensione di confronto intra gruppale spontaneo e innovativo e le occasioni di confronto sono sclerotizzate in riti più o meno burocratizzati.

Un sistematico scoraggiamento dell’inventiva e del contributo personale accade in molti contesti lavorativi ed è collegato all’insorgere di manifestazioni di Stress evidenti.

In questi casi, il lavoratore propositivo accumulerà una frustrazione sempre maggiore, dovendo reprimere le proprie idee, per difendersi da un gruppo arroccato in posizioni difensive. È evidente che ciascun lavoratore potrà trovarsi di volta in volta nelle due situazioni: proporre, senza riuscirvi, delle innovazioni, oppure opporsi collegialmente a esse. Entrambe le posizioni hanno un costo altissimo in termini di disagio e di allontanamento dai risultati concreti.

Per questo si ritiene necessario, per alleviare la non qualità del lavoro, un intervento diretto sul gruppo, che prevede la presenza di professionisti esterni, che lo guidi verso la soluzione dei problemi che manifesta, attraverso la messa in atto delle risorse potenzialmente presenti. La funzione di detti professionisti (Facilitatori) sarà quella di:

  • Agire in modo neutrale, non esprimendo giudizi e valutazioni e non intervenendo sui contenuti.
  • Mantenere il gruppo focalizzato sul compito di analisi.
  • Suggerire a tutti il modo migliore per partecipare e per procedere nell’analisi.
  • Proteggere gli individui dagli attacchi personali.
  • Mantenere fluida la comunicazione.

Il successo dell’intervento sarà misurato a livello del gruppo attraverso alcuni segnali. La situazione ottimale si ottiene se:

  • Il gruppo dei Facilitatori è percepito giusto e imparziale.
  • I partecipanti al lavoro di gruppo si sentono coinvolti e utilizzati al massimo.
  • I problemi sono affrontati da tutti apertamente.
  • Sono utilizzati gli strumenti e le conoscenze tecniche per favorire il lavoro di gruppo e quello di analisi della situazione organizzativa.
  • Tutti si sentono responsabili di quanto accade.
  • Il gruppo si esprime chiaramente su come si procederà per migliorare la situazione organizzativa: chi deve fare, cosa e quando.

L’intervento dei Facilitatori alla qualità del lavoro potrà iniziare aiutando il gruppo, attraverso opportuni metodi fondati sull’analisi partecipata, a evidenziare le dinamiche relazionali che lì si generano.


AA.VV. (2009) Correlazione fra soddisfazione lavorativa e fattori di Stress, Burnout e benessere psicosociale tra infermieri che lavorano in differenti ambiti sanitari, Giornale Italiano di Medicina del Lavoro, v 31 n 1

Angelini L. (2013 a cura di) La prevenzione dei rischi da Stress lavoro correlato: profili normativi e metodiche correlate, Atti del Convegno, UNIURB

Avallone F. e Bonaretti M. (2003) Benessere organizzativo. Per migliorare la qualità del lavoro nelle amministrazioni pubbliche, Rubbettino Editore

Bocchi G. e Ceruti M. (2007) La sfida della complessità, Bruno Mondadori

Bucchi M. e Neresini F. (2007 cura di) Sociologia della Salute, Carocci

Cifiello S. (1992) Formazione, analisi dello Stress e qualità dei servizi sociali, Sociologia del lavoro, n 44

Cifiello S. (1997) Stress lavorativo, Personale e risorse umane, n 411

Cifiello S. (2004) Strumenti di rilevazione e intervento nelle situazioni di Stress lavorativo. Ricerche fra le professioni del sociale e del terzo settore, Franco Angeli