Stili di vita e comportamenti di consumo di Sostanze Nocive fra i giovani

03/2017

1 – Un’introduzione

L’utilizzo delle droghe o dell’alcol (che assieme chiameremo in breve Sostanze Nocive) è, ed è sempre stato, un vero e proprio fenomeno sociale, che può essere studiato sia in modo sincronico, confrontando il modo d’uso nella stessa generazione, sia in modo diacronico, valutando come queste forme di uso si modifichino nelle diverse generazioni. I componenti di ciascuna generazione attuano alcuni tipi di consumo, fra cui quello di droghe, convinti di essere i primi e che nessun’altro abbia manifestato scelte simili, ma allo stesso tempo usano un certo tipo di consumo proprio per differenziarsi dalle generazioni precedenti e da altri individui della generazione cui si appartiene.
Dall’esame dell’elenco sempre in incremento delle Sostanze Nocive si può intuire che le motivazioni alla base di un comportamento di consumo o di abuso sono le più varie. Si può rilevare, da un lato, la semplice volontà di trovare un aiuto o sollievo da un dolore fisico o da uno stato di tensione incipiente o cronica, mentale o fisica, ma in altri casi si tratta di trovare nell’uso la possibilità di potenziare le proprie sensazioni o prestazioni, o condizioni e/ o di modificare in senso positivo lo stato di coscienza. In sintesi, tre sembrano i tratti che accomunano tale insieme variegato di motivazioni:

  • La rapidità con cui si vuole ottenere l’effetto;
  • Il supporre che all’aumentare della quantità di sostanza utilizzata, quale essa sia, si modifichi in meglio la performance del prodotto utilizzato;
  • L’utilizzare tale consumo come una marca sociale che permette di riconoscersi fra pari, in opposizione agli altri, e quindi di auto-riconoscersi e di differenziarsi.

L’attuale uso di Sostanze Nocive fra i giovani manifesta aspetti consumistici di ricerca del piacere e di miglioramento della performance. Per loro si sta strutturando progressivamente, assumendola mimicamente dagli adulti, una modalità di far fronte a sensazioni o desideri non altrimenti interpretabili col linguaggio. Si deve in ogni caso considerare l’utilizzo da parte dei giovani di queste sostanze come dotato di senso, anche se esso determinerà effetti nocivi e dannosi. Tale uso non è però identico per tutti i giovani, bensì sono individuabili Stili diversi di vita, cui corrispondono modi di rappresentarsi e di distinguersi, e pertanto Stili diversi di consumo.
Vale altresì considerare che l’assunzione anche occasionale di Sostanze Nocive può essere assimilata ad altre azioni rischiose, ad esempio: avere rapporti sessuali occasionali non protetti, guidare automezzi in modo veloce e spericolato, partecipare a sport estremi. Assimilate, nel senso di poter supporre che chi indulge in alcune di queste azioni possa compiere anche le altre. Come del resto questi comportamenti di abuso o di trasgressione, possono essere accostati ai disturbi alimentari gravi, che però, per una serie di cause, che qui non possiamo approfondire, si sono conquistati una loro esclusione dai comportamenti devianti.
Si tratterà di introdurre una ricerca comprensiva del senso/ significato, che esiste in ogni comportamento umano, anche in quelli più deleteri e autodistruttivi. Troppo spesso, riferendosi a comportamenti non tradizionali, non comuni, non dominanti (riassumendo: appartenenti a culture altre) il primo moto emotivo, e conseguentemente cognitivo, anche da parte di addetti ai lavori, che afferiscono per lo più alla cultura dominante, va invece nel senso del rifiuto.

2 – Parlare di giovani …

Parlare di giovani ci obbliga ad altre precisazioni. Ora e di seguito nel testo spero che il lettore immagini la parola giovani sempre “fra virgolette”, infatti, si è ben certi dei rischi di uso stereotipato di tale termine. È il vero problema operativo definire chi sono i giovani. Posto che tante sono le tappe esistenziali, marcate simbolicamente, che l’individuo contemporaneo incontra, si può assumere, da precedenti riflessioni sociologiche o socio-antropologiche o psicologiche, che la gioventù sia una fase intermedia fra altre due, forse più facilmente definibili: Infanzia e Maturità (Erikson 1999). La gioventù sarà il momento di assunzione di modalità operative, comportamentali, strumentali ed espressive intermedie fra quelle di maggiore dipendenza dell’Infanzia, e quella d’indipendenza, della fase detta di Maturità.
Esula completamente questa riflessione la comparazione fra le varie fasi esistenziali e psicologiche in cui si può articolare la vita dell’essere umano e segnatamente la giovinezza. Ugualmente qualcosa occorre dire. Vari sono i piani in cui si precisa tale differenza fra generazioni:
A livello psicologico individuale, si può rilevare nel giovane un super-dimensionamento dell’Io e della sua potenza, tanto che spesso emerge un mal celato senso di superiorità e di voglia di innovazione, che si spinge fino alla ribellione. A ciò consegue che si presenti una maggiore ricerca del nuovo, una minore strumentalità operativa, quindi una maggiore spontaneità, anche se poi i comportamenti effettivi possono essere ricondotti a modelli molto precisi e normativamente condivisi, secondo coorti di età;
A livello delle forme di comunicazione, come si è già detto, si evidenzia fra i giovani una ricerca di particolarità e d’informazione specialistica: i gusti dei giovani, i consumi dei giovani ecc:

  • antagonista a quello reale delle altre generazioni presenti in quel momento storico,
  • ma anche al modo con cui gli adulti sono stati giovani nel passato,
  • e soprattutto differente da quelli di altri coetanei.

A fronte di questa ricerca del nuovo, si osserva poi che, nei momenti di maggiore instabilità sociale, venendo meno le certezze, contro cui essi tentano la ribellione, i giovani rispondono con delusione agli errori delle generazioni precedenti e con un’aumentata confusione cognitiva. Di fronte ad un nemico saldo sembrano reagire, ma di fronte ad un muro di gomma vacillano ulteriormente.
Ci troviamo quindi davanti a un oggetto di ricerca davvero articolato e che si cercherà appunto di rappresentare, considerando gli elementi di differenziazione, piuttosto che quelli di uniformità.

3 – Studiare gli stili di vita

Le risultanze delle ricerche antropologiche, sociologiche e psicologiche atte ad evidenziare i comportamenti dei giovani portano con sé alcuni limiti tradizionali. Più o meno implicitamente, il ricercatore pone sul piatto della bilancia, quando si accinge a costruire le ipotesi interpretative o, ancor prima, a esplicitare le propria visione del problema, alcuni pregiudizi spesso evidenti, ma non per questo meno facili da estirpare.
Pregiudizi connessi al proprio stile di vita di adulto, infatti, quello ritenuto da lui positivo o utile anche negli altri è spesso quello tipico del ceto del ricercatore o dell’operatore dell’intervento. Occorre fare davvero un grande sforzo per abbandonare questa visione adulto-centrica e censo-centrica per accostare i comportamenti e i consumi giovanili con una concezione che accetti:

  • La loro coerenza interna: essi vanno intesi come riconducibili a modelli (impliciti e non ben esplicitati/ esplicitabili) a cui il giovane aderisce con scarsa consapevolezza, ma con una conseguente volontà di raffinamento, al fine di produrre modificazioni personali allo stile sociale;
  • La loro contemporanea e identica presenza in ceti e censi notevolmente diversi;
  • La loro relativa indipendenza dal successo scolastico e soprattutto dalla successiva carriera occupazionale;
  • La loro non completa trasparenza ai familiari del giovane.

Vale soffermarsi anche, a un livello più teorico, sulla relazione fra atteggiamenti e comportamenti o meglio fra auto-rappresentazione della propria condizione di giovani e le effettive azioni. Le azioni dei giovani, differenti e differenziate, si inseriscono in stili di vita confermati socialmente, che gli attori stessi alimentano con dette azioni. Esse acquisiscono un loro senso compiuto in quanto elementi di un quadro più generale, dato appunto dallo stile di vita nel suo complesso. C’è un continuo rimando fra azione individuale e senso sociale di detta azione, fra libertà e coerenza.

Qui, traendola da esperienze teoriche e di ricerca pregresse (Cifiello 2000, 2001) ci si propone di classificare, sia pure a livello d’ipotesi, il comportamento dei giovani e il loro stile di vita come afferente a una di queste tre categorie, che denominiamo Tipo: 1) Integrato; 2) Edonista e 3) Alternativo.

  1. Con più precisione, si può dire che gli Integrati differiscono dagli Edonisti lungo l’asse relazioni interne alla famiglia vs. relazione esterne. In altri termini, i giovani Integrati fanno delle relazioni familiari il centro portante della loro vita, di una vita che sembra ben sostenuta dai genitori e che vede spesso come polo esterno la scuola e l’effettuazione di attività sportive. Per questo, per sottolinearne il tratto positivo, li definiamo Integrati.
    Gli Edonisti all’opposto hanno scelto invece consumi e relazione esterne, evidenti, definiti lungo l’asse generazionale: un modello di vita improntato a comportamenti massificati, in cui l’adeguamento a modelli sociali esterni alla famiglia è prioritario. Per la continua spinta all’eccesso e al superamento di un limite li definiremo: Edonisti, ma potremmo aggiungere non raffinati.
    Gli Alternativi differiscono dagli altri due Tipi perché emerge in loro una certa dimensione intellettuale e quindi nuovamente pur manifestando come gli Edonisti uno stile relazionale esterno alla famiglia, da questi si distinguono per una spiccata individualizzazione dei comportamenti e conseguentemente per scelte di consumo e di comportamento opposte ad altre tipologie di giovani e ovviamente alle scelte degli adulti. Sono eccentrici agli uni e agli altri.
    I tre Tipi Integrati, Edonisti e Alternativi, possono essere distribuiti su un altro asse ordinato, che presenta il valore massimo di Tradizione in riferimento alla posizione degli Integrati e quello minino per gli Alternativi, passando in posizione intermedia per gli Edonisti, che assumono uno stile di vita e di consumo opposto a quello delle loro famiglie, ma massificato sul modello culturale giovanile.
    Il giovane Edonista, ma in certo qual verso anche l’Alternativo (ma si vedrà meglio la differenza) gode prestissimo di un certo grado di libertà; la sua famiglia si aspetta da lui/ lei che viva con sempre maggiore indipendenza e autonomia, così da crearsi un mondo separato da quello dei genitori (Gans 1965), all’opposto degli Integrati.

  2. Come determinante l’appartenenza al Tipo/ stile di vita occorre considerare la modalità di relazione con la famiglia di origine. Pur restando a un alto livello di generalizzazione (Parker 1983) si distingue, in questa semplificazione, in una forma:
    • Adeguata, in cui sia i genitori, sia i figli sembrano svolgere il proprio ruolo in modo reciprocamente complementare. Nessuno discute i ruoli: il maschio anziano è marito e padre, la donna è moglie e madre, il figlio/ a/ i si adeguano al loro ruolo di figli o di fratelli. I giovani fanno i giovani, gli adulti accettano il loro comportamento come quello proprio dei giovani. Tutti i ruoli sono riconosciuti reciprocamente, al massimo si rileva che nei giovani siano incarnati nell’eccesso. Come si è detto, si sa che i giovani sono impegnati in attività spesso discutibili e rischiose, ma ciò avviene lontano dagli occhi (in luoghi preposti), anche se forse non lontano dal cuore.
    • Non adeguata, in cui tutti i componenti della famiglia, per ragioni diverse, anche contingenti (lutti, separazioni, scelte di carriera lavorativa impegnative) si trovano non solo a discutere il modo con cui incarnano la parte, ma anche la parte stessa e se essa abbia senso. Tutto (ruoli, affetti e relazioni) sono negoziati e mai definiti.

    Nella medesima corrente di pensiero (Parker 1983), la famiglia è adeguata, non solo perché manifesta una certezza e una coerenza di ruoli, ma anche perché fornisce cure adeguate, in opposizione alla mancanza di cure o all’iper-protezione.
    Il Tipo Edonista differisce per queste categorie dal Tipo Integrato perché il primo si trova a vivere nella famiglia adeguata (per la certezza dei ruoli), ma sperimenta una condizione di normale mancanza di cure, cui, come numerose e classiche ricerche confermano (Gans 1965) il giovane risponde con la ricerca di un concezione della vita gregaria e consumistica, incarnando modelli di comportamento opposti a quelli dei genitori (consumi vs. produzione; impegno vs. disimpegno ecc).
    Il Tipo Integrato, appartiene anch’esso a una famiglia dai ruoli chiari e stabiliti, ma che si produce all’opposto in una trasmissione, forse eccessiva, di cura alla progenie, determinando il modello tradizionale, ma inibito.

  3. La propensione alla ricerca di sensazioni e comportamenti differenti da quelli della generazione precedente o innovativi, modello che deriva dagli studi di M. Zuckerman (1964), incide potentemente sull’appartenenza la Tipo. Essa sembra manifestarsi con due modalità differenti:
    - una forma alta, in cui ogni sensazione (o emozione, come si dice normalmente) nuova e forte è ricercata avidamente,
    - e una forma bassa, in cui il singolo individuo tende a rifiutare le sensazioni e le emozioni troppo intense o troppo nuove.

Per questo un giovane Edonista è un giovane disinibito, che ritiene perfettamente corretto adottare e raccontare le azioni che compie e più in generale la propria rappresentazione dell’essere giovane in una forma eccessiva.
Il giovane Integrato non fa le cose che fanno gli Edonisti, ma altre molto differenti, e soprattutto non si rappresenta in modo così disinibito, anzi è inibito.
Gli Integrati sembrano essere i giovani come gli adulti vorrebbero che fossero, mentre gli Edonisti si pensano già adulti, ma non adulti veri (quelli che vedono attorno a loro) bensì come un giovane pensa sia il Vero Adulto: libero di fare tutto ciò che desidera, senza nessuna responsabilità. Da qui l’effetto calamita che essi subiscono rispetto ai comportamenti del jet-set (dalle Modelle alle Stars degli sport professionisti passando per i Capitani d’industria) come ce li rilanciano i mass-media. La rappresentazione che di sé manifestano i giovani Edonisti fa proprio il mondo degli adulti filtrandolo dalle pubblicità e dai video musicali, dove tutti sono belli, ricchi o soprattutto senza impegni, se non piacevoli. Costoro si sentono innovativi, mimando il comportamento degli adulti di successo, si sentono provocatori, perché rifiutano il comportamento degli adulti reali che vedono attorno a loro.
Anche la concezione che i giovani Integrati hanno di se stessi è coartata in qualche modo dal mondo immaginario degli adulti, là dove si fa loro credere che tutto sia lineare, che i giochi siano leali, che tutti abbiano le medesime possibilità e che a un impegno lungo e costante corrisponda un premio certo. Le famiglie, da cui essi provengono, propongono l’idea della cultura scolastica come Ascensore sociale, per cui il successo (il buon voto) nella vita scolastica sarà prodromico a quello successivo nella vita lavorativa e sociale in genere. Successo che si raggiunge (in modo identico nei tre campi di applicazione citati: scuola, lavoro e società) attraverso una pratica e costanze azione di applicazione e d’apprendimento. Il motto che tali famiglie fanno apprendere ai loro giovani componenti è: Con l’impegno e la dedizione durante gli studi potrai ottenere un lavoro ben remunerato e soddisfacente e una buona vita (e oggi forse anche la salute)!
Gli Alternativi infine percorrono una via intermedia fra le due altre. Questo non impedisce loro di correre sulla strada dei consumi nocivi, ma il loro sforzo sembra essere quello di trovare modi differenti di essere giovani. Costoro sono definiti da un’intensa ricerca delle esperienze intellettuali e sensoriali. Il loro è un modo differente da quello proposto dagli Integrati e differente soprattutto da quello degli Edonisti, a cui apparentemente si avvicinano, per via dei consumi nocivi, ma solo per quello. Il loro è sicuramente un modo molto più personalizzato e molto meno massificato rispetto agli altri due, ma anche molto più faticoso e accompagnato dal un rischio personale di trovarsi soli e isolati in questa loro ricerca d’individualità e di successo ( ).
Fra gli Alternativi la disinibizione non si manifesta, bensì anche qui, come per gli Integrati, vige l’inibizione, accompagnata da una ricerca dell’introiezione, ma soprattutto si avverte il loro sentirsi alla ricerca di un’altra via, meno condizionata. L’isolamento è in molti casi un tratto significativo in questo Tipo, sia per carenza di risorse da spendere nella relazione con l’altro, sia perché essi si pongono obiettivi troppo alti. Per loro la strada è inter-media, perché sono proprio alla ricerca di un minore condizionamento e un minor adattamento.
Gli Integrati hanno, come si è detto, assunto un comportamento di evitamento delle situazioni a rischio (Cifiello 2000) perché troppo difficili da gestire e troppo lontane dalla loro scelta, certo sempre parziale, che attuano di mimesi colle norme sociali. Cercano una progressiva integrazione, credendo che ciò consentirà loro un’adeguata o sufficiente espressione di sé. Questi accettano a volte un consumo d’alcol o come occasione conviviale o come grimaldello contingente per ottenere una certa liberazione, ma molto controllata.

4 – Il piacere nel consumo

Stili diversi di vita hanno consumi diversi. Ogni stile è un adattamento più o meno riuscito e più o meno faticoso da realizzare, ma questi stili si dovranno considerare equivalenti fra loro. Accostare le tipologie di consumo, ma in particolar modo di Sostanze Nocive, senza un’adeguata considerazione dello stile di vita e di comportamento complessivo dell’individuo, che lo propone, non solo sarà fuorviante per l’intervento clinico o informativo o preventivo, che si vuole realizzare, ma anche pericoloso, perché contribuirà a innescare e alimentare fenomeni di conoscenza pregiudiziale ( ).
Due sembrano essere le motivazioni che spingono, più o meno consapevolmente, i nuovi consumatori all’uso di Sostanze Nocive:

  1. la volontà di ottenere un piacere diretto, dovuto alle caratteristiche chimiche delle suddette sostanze;
  2. la ricerca di un piacere indiretto, potremmo dire un Piacere sociale, connesso al padroneggiare qualcosa a cui altri individui (di altri gruppi o di altre generazioni) non possono o non sanno accedere.

Poco si può dire in questa sede del piacere fisico, riservandolo all’esperienza di ciascuno, ma qualcosa, su quali siano le occasioni di Piacere sociale, è d’obbligo articolarlo. Si tratta di un insieme variegato di attività, difficilmente inseribili in un unico modello teorico, in cui ravvisiamo però alcuni elementi comuni. Sono comportamenti:

  • accettati e voluti da alcuni gruppi sociali e rifiutati da altri, tanto che gli individui impegnati in tale attività si riconoscono fra loro più simili, piuttosto che nel confronto con i membri esterni;
  • attuati dagli individui per conseguire un piacere che chiameremo di padroneggiamento di una situazione potenzialmente pericolosa.

Considerare queste azioni Comportamenti a rischio ( ) è esatto, ma vanno anche considerati gli effetti di riconoscimento gruppale e di piacere ottenuto nel padroneggiamento dell’azione stessa. Attuare solo la prima lettura, è porsi in una posizione troppo esterna al fenomeno osservato, che non tiene in alcuna considerazione la soggettività degli individui in tali comportamenti impegnati.
Per comprendere oggi tali comportamenti si tratta di pensare l’individuo nel momento in cui percorre il rischio trovandovi il piacere nel tenere sotto controllo, con diversi gradi d’intensità, situazioni che sono ritenute erroneamente potenzialmente, ma solo potenzialmente, pericolose ( ). Il passo può essere breve e per tanti il controllo sarà solo illusorio e si uscirà sconfitti dall’incontro con la sostanza nociva o lo sport estremo.
La scelta di percorrere il rischio non è di tutti. Altri individui, i più integrati funzionalmente nella società contemporanea, percorrono, come si è già detto, strategie di allontanamento, non solo dal pericolo, ma dal rischio stesso.
Quindi i Comportamenti a rischio non s’innescano meccanicamente nell’individuo per assunzione irriflessiva e mimica di forme di azione sociale abituali o abitudinarie nel gruppo, bensì sono attuati consapevolmente per raggiungere una forma di piacere, che sarà in alcuni casi effetto diretto del comportamento adottato, ma sempre effetto indiretto dell’espressione di sé ottenuta nell’adottarlo. Questo tipo di piacere sociale deriva non dal sollievo di un bisogno ( ), ma dall’uso di un’occasione sociale per ottenere una liberazione, un’espressione del sé, con mezzi non legati al linguaggio. Nel tentare questa liberalizzazione occorre per ciascuno accettare/produrre forme di esserci innovative e caduche, ma con effetti per lo più fallimentari

5 – Le generazioni

Più mi affaccio, più intrattengo rapporti con gli autori che si occupano di giovani, più mi accorgo che essi tentano di vedere i giovani, come sempre, da un certo punto di vista: quello di loro adulti, operanti in una precisa epoca storica. È tale lo sforzo di costoro per trovare una caratteristica, un tratto epocale nuovo, un qualcosa che renda più differenti i giovani di una certa epoca, da quelli di altre epoche, che essi rischiano di fallire completamente il loro obiettivo. La questione va completamente ribaltata. Ogni generazione ha i suoi giovani i quali espressamente cercano una distanza, una forma d’innovazione comportamentale che li differenzi: 1) Dai loro adulti; 2) Dal modo con cui essi presumono che questi adulti siano stati giovani; 3) Da altri giovani.
È uno sforzo enorme. Però è qualcosa in cui ciascuno si è incontrato quando era giovane. È lo sforzo per trovare l’abito che piaccia e che si adatti al proprio corpo, ben consapevoli che il corpo stesso può essere ben modificato dall’abito.
Se si punta lo sguardo, più o meno critico, più o meno attento, sui giovani, si dimentica che il campo di osservazione prevede almeno due attori: i giovani e i loro adulti. Insomma, considerare chi frequenta le discoteche, senza mettere nello stesso campo d’osservazione chi queste discoteche le gestisce o ne è il proprietario; considerare chi frequenta il pub senza valutare i comportamenti del barista e del produttore di birre è non solo miope, ma fuorviante; tralasciando completamente che l’immagine ideale del giovane viene forgiata ad arte dai produttori di musica e media in genere.
Dimenticare che l’osservatore del comportamento giovanile è un adulto, non un giovane, è però un errore di base. Il campo di osservazione sono le tracce che l’adulto lascia nel percorso che il giovane segue, pur senza rendere identico il proprio percorso a quello di chi l’ha preceduto. Supporre diversità fondanti nel percorso di diventare adulti, dovute ai mores o tempora, mi sembra derivi dal mio non saper più riconoscere il giovane che sono stato, oppure non essere mai stati giovani ( ).
Questo non significa che non esistano differenze fra i costumi e i tempi, ma queste si situano su particolari. Quindi, diremo ovviamente, sottolineare i particolari dei costumi, crederli sostanziali, è dimenticare che, aldilà delle fogge, c’è sempre un senso, in quel che si fa, per chi lo fa. Quindi la sostanza è, per i giovani e per gli adulti, la necessità di padroneggiare le situazioni. L’adulto ha, rispetto al giovane, un maggiore bagaglio di situazioni che sa controllare, ma per questo routinizzate. Il giovane, alla ricerca di un’identificazione generazionale e individuale, è alla ricerca di particolari innovativi. Che sono e restano contingenti: elementi di un discorso.
Se così è, la ricerca di particolari innovativi non è solamente della generazione Post-moderna liquida (direbbe Z. Bauman), ma di tutte le generazioni. Inoltre, dietro questa ricerca, non c’è solo un fenomeno di Moda, ma c’è anche una necessità di significazione, d’identità. Si cerca, si scegli quel particolare per essere diversi dagli altri e per trovare identità in questa diversità. Non è fenomeno di massa, è somma di comportamenti individuali. Oggi come nel passato.
L’eccesso e il rischio non sono tratti del Post-moderno, sono esistiti da sempre nei giovani o almeno in una parte dei giovani di ciascuna generazione.
Da un lato, oggi è semplicemente aumentata (grazie al miglioramento generale delle condizione economiche, anche nei ceti più bassi, nei paesi industrializzati) l’attenzione, l’ansia non operativa, in quanto è aumentato il bisogno di sicurezza degli adulti. In altri termini, alcune cose oggi fanno semplicemente più paura agli Adulti occidentali. Fino al punto che nelle generazioni successive, a quella che teme il rischio, il pericolo e la paura (i genitori e gli adulti di oggi) queste situazioni e le emozioni a esse connesse sembrano ricercate e ambite.
Questo grande sforzo, che qualcuno attua per stabilire tutto una volta per tutte, è uno dei mali, che emerge dalla Storia, dispiegandosi in una lotta fra categorie deboli e categorie forti: fra chi è definito e chi definisce. È ovvio che i giovani, per le loro necessità d’innovazione hanno adottato, adottano e adotteranno comportamenti che sembrano conflagrare con quella necessità che gli adulti hanno di stabilire. I giovani percorrono una via già tracciata, credendo di essere i primi a percorrerla. Una strada che porta alla maturità, ma anche alla disillusione. La grande difficoltà del giovane è che il suo punto di equilibrio è inscritto fra l’innovazione e la conservazione, mentre crede di innovare conserva in vita comportamenti già attuati da altri, mentre rifiuta la conservazione mette in atto comportamenti che resteranno e che i suoi eventuali figli vedranno come sorpassati.

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